Indagine | I Giochi sono Razzisti?

Le conseguenze del movimento Black Lives Matter si stanno propagando in molti aspetti della nostra cultura, a volte con modalità imprevedibili, bizzarre e, lasciatecelo dire, spesso eccessive (dall’abbattimento e dalla vandalizzazione delle statue alla messa al bando di Via col Vento, fino alla richiesta di modifica del titolo di Captain America: Civil War, giusto per fare i primi esempi che ci vengono in mente). Come reagirà il mondo del gioco a queste sollecitazioni? Per rispondere a questa domanda abbiamo fatto quattro chiacchiere con il nostro amico “Kiwi”. 

Iwika Ble, per gli amici Kiwi, classe 1986, ha studiato negli Stati Uniti, lavorato in Germania per Nintendo Europe, ha fatto lavori di traduzione, è stato impiegato nel customer service internazionale, nella strategia di comunicazione, nel re-branding di aziende e artisti, ha organizzato eventi e assunto ruoli di public relation per diverse realtà tra cui Disney e DC. Ora è proprietario, a Bologna in Italia, di un negozio in franchising di giochi da tavolo, fumetti, action figures e roba nerd in genere. Ha studiato per pura passione la prestidigitazione, il doppiaggio, la produzione musicale e la scrittura creativa. Il suo sogno nel cassetto è fondare una agenzia di creazione e realizzazione di idee. Ha circa sei giochi in cantiere che, a detta sua, non ha ancora portato a compimento, più per mancanza di coraggio che altro.

Ciao Kiwi! Andiamo subito al punto: il mondo del gioco da tavolo è razzista?

Allora, io partirei dal presupposto che il gioco non è razzista: sicuramente i giochi sono nati da tavolo e sono nati nell'antica Cina, in antico Egitto, nel Sud America, in Mesopotamia e in Babilonia, viene tutta da lì la cultura dei giochi da tavolo. Poi, se invece parliamo di giochi sportivi, possiamo risalire fino alla Grecia, all’Impero Romano e quant'altro. È adesso che diciamo che i giochi da tavolo sono sotto l'egemonia tedesca, in quanto giochi chiusi, però non mi verrebbe sicuramente da dire che il gioco sia razzista, anzi: il gioco è molto pulito, è molto pronto ad accogliere e a essere per tutti. Come in ogni cosa spesso non è il mezzo ma chi lo utilizza che crea il problema.

Però nei giochi, come nei film, troviamo rappresentate situazioni su cui gli attivisti più ferventi potrebbero avere qualcosa da ridire…

Col gioco abbiamo cercato nel tempo di rappresentare situazioni e simulazioni della realtà. E l'animo di tali esperienze è tendenzialmente uno specchio non solo della realtà in cui viviamo, ma anche del modo in cui ci hanno insegnato a pensare.

Come uomini, un po' come le formiche, siamo una comunità che si espande e che cerca di crescere nell’insieme. Siamo territoriali, accumulatori e creatori di risorse ed è normale quindi che creiamo giochi gestionali, per esempio, che se non sbaglio sono proprio la maggior parte. Abbiamo anche giochi astratti ma quelli per i più esperti, quelli che creano un maggiore grado di sfida, sono i tattico strategici e i gestionali. Normale è che nel momento in cui vengono creati giochi del genere si cerchi di dar loro un ambientazione il più adatta possibile ed ecco che nascono i giochi che avrebbero dovuto rappresentare quelle cose. Mi sembra quindi logico che siano stati rappresentati soprattutto i periodi dei colonizzatori (I Coloni di Catan, per esempio), di guerre tra guelfi e ghibellini, e tantissimi altri.

Quindi pensi che i giochi possano rappresentare qualsiasi situazione senza problemi?

Beh, da rappresentare la realtà a diventare di fatto dei messaggeri di un’ideologia sbagliata il passo è ovviamente molto breve. Io confronto spesso l’anti-razzismo col femminismo perché sono due movimenti che spesso sembrano estremi nonostante la bontà del loro messaggio, ma che sono necessari perché queste ideologie razziste e patriarcali sono profondamente inculcate nel quotidiano.

Ci fai qualche esempio?

Eccone uno molto stupido: ogni volta che tu dici «le cose stanno andando a p******» stai di fatto dicendo una frase maschilista, ma nemmeno le donne (forse neanche le femministe stesse) se ne rendono conto. Si tratta di “normalizzazione” ed è il pericolo in cui incorre qualsiasi cosa, persino i giochi da tavolo. Risulta per questo necessaria un'azione forte seppur fastidiosa ed eccessiva. Perché la normalità non si schioda. Potrei farti altri esempi tipo «fumare come un turco» o «ma sei handicappato?», tutte normali frasi che nascondono un problema.

Anche nei giochi riscontri questa pericolosa “normalizzazione”?

In soldoni sì. Quando sono stati creati questi giochi involontariamente si è trasmesso un messaggio di normalità che non dovrebbe essere normale. In Puerto Rico i lavoratori del cotone sono dei cubetti marroni; in Imhotep sei di fatto un architetto egiziano che deve costruire la città in onore della bellezza e della grandezza del faraone sfruttando degli schiavi che vengono portati attraverso il fiume Nilo su delle barche. Quando spiego quest’ultimo gioco, per esempio, faccio spesso la battuta: «e questi sono i tuoi schiavi, ehm, cioè volevo dire, i tuoi lavoratori...». Anche se si ride, però quello sono, e per quanto io faccia la battuta, rende meglio l'idea dire «schiavi» che dire «lavoratori», perché di fatto non li “stipendi” e fanno tutto quello che gli ordini (parlo di meccaniche del gioco).

Quale potrebbe essere la soluzione? La censura?

In pratica l'ideale sarebbe che i giochi avessero un modo (magari in sede di regolamento) di contestualizzare e trasmettere qualcosa al riguardo: se una volta finito il gioco ci fosse scritto: «bravo, col sangue e la morte di molti schiavi hai fatto felice un faraone. La vittoria e la competizione sono sane e meritate se non pesano sulle spalle e sulle vite degli altri.» Ovviamente è pesante, ma sarebbe molto più utile che censurare, per esempio non facendo i cubetti neri o cose così. Piuttosto che non fare più giochi di colonizzazione e di gestione risorse, creando quindi una dimenticanza storica, si può sicuramente lavorare sui disclaimer, cioè sul far percepire che quando è stato creato il gioco l’idea non era quella di perpetrare un cattivo pensiero ma di rappresentare una brutta epoca.

Oltre al problema di rappresentare situazioni scomode, secondo te c’è anche un problema di mancata rappresentazione di altre realtà?

Questo aspetto credo rappresenti l’altra faccia della stessa medaglia, il problema è lo stesso e lo vedi anche nella rappresentazione dei personaggi in giochi in cui puoi interpretarne qualcuno. Tipicamente puoi scegliere personaggi donne e uomini, ogni tanto mettono il tizio di colore, ma non hai mai i transgender, o persone con mancanze fisiche (per esempio un semiparalizzato) e via dicendo... e il problema è sempre lo stesso. Una ragazzina americana ha creato una nuova numerazione delle carte di gioco francesi in modo che la donna (Q) e il re (K) abbiano lo stesso valore, siano uguali. Ecco, è quello il modo, cambiare la prospettiva da cui si guardano le cose, partendo da piccoli dettagli, normali e quotidiani, in modo che arrivino fin da piccoli nella mentalità delle persone.

Tu, personalmente, ti senti discriminato nell’ambiente ludico?

Io non mi sono mai sentito discriminato nel gioco da tavolo, da qualcosa o al di fuori delle meccaniche, anzi, faccio spesso io stesso la battuta, sono poi nazionalizzato italiano, mi sento molto europeo, avendo vissuto in America, in Germania e in Spagna... Ammetto che alcune cose di questo problema neanche le riesco a comprendere, non ho vissuto il razzismo in prima persona come possono averlo vissuto altre persone; io non sento il fastidio perché io non c'ero quando i miei nonni venivano maltrattati, però comprendo comunque che il fatto che una minoranza venga discriminata in quanto tale non è giusto e basta, non c’è molto da discutere. 

In questo senso il gioco può diventare un veicolo di messaggi positivi?

Partendo da piccole cose si può arrivare a grandi cose e il gioco è una di quelle cose che non solo è piccola abbastanza per poterci lavorare, ma è anche grande abbastanza per durare nel tempo e continuare a portare un determinato messaggio.

Come il Monopoly e il suo messaggio iniziale, capitalista e terribile, che è stato fortunatamente mitigato e migliorato nel tempo: hanno messo gli euro, hanno messo il fatto che uno non fallisca, la gestione della banca, il poter contrattare. Insomma, è cambiato molto nel tempo, non è più una ruota del topo in cui devi continuamente passare dal VIA sperando che ti arrivino le fatidiche ventimila lire, soldi poi che ti danno per nessun motivo al mondo. Immagina come sarebbe se quando passi dal VIA puoi avere quei soldi solo se hai lavorato o se hai fatto determinati compiti durante il percorso... Insomma, ci sono vari accorgimenti che potrebbero essere applicati ai giochi per renderli innovativamente educativi e soprattutto portatori di messaggi sociali più in linea coi tempi.

Perché secondo te non ci sono molti autori di colore?

Non so dirti perché non ci siano così tante persone di colore tra gli autori, io credo che sia una questione derivata dall'oppressione stessa del razzismo di base, per cui i diversamente colorati non potevano essere creativi, non potevano fare cose, però, come hanno inventato il gospel per esprimere la loro preghiera e solidarietà l'uno con l'altro e trasmettersi messaggi tra di loro, magari cosi hanno fatto con il gioco, per passare il tempo, ma che non sia stato trasmesso come ribellione, più importante di giocare. Credo che anche tra gli ebrei non ci siano tanti autori di giochi da tavolo. Creare qualcosa per evadere dalla realtà potrebbe essere stato un buon movente al tempo, ma forse altre cose più impellenti hanno preso il sopravvento.

Il gioco può essere quindi un’esperienza di riscatto?

Ti posso dire per mia esperienza personale (che non ho voglia di raccontarvi ma vi assicuro non piacevole) che il gioco da tavolo ti toglie e ti salva dalle situazioni più improbabili in assoluto, e quindi forse in realtà esistono dei giochi o dei passatempi da tavolo creati proprio contro questa pressione che persone come ebrei, neri, donne e diversamente abili hanno subito in questa epoca, e credo semplicemente che non abbiano visto la luce per svariati motivi. Ci sarà stata, magari, una suffragetta che ha creato uno gioco da tavolo “Simulatore di Voto”, o in cui le donne hanno normali diritti. Non mi stupirei di scoprirlo, o almeno mi piace pensarlo.

  • Via col Vento (Gone with the Wind) è un film del 1939 diretto da Victor Fleming, adattamento dell'omonimo romanzo di Margaret Mitchell.
  • Captain America: Civil War è un film del 2016 sequel di Captain America: The Winter Soldier diretto da Anthony e Joe Russo, basato sull’omonimo personaggio Marvel.
  • I Coloni di Catan (Die Siedler von Catan) è un gioco da tavolo del 1995 ideato da Klaus Teuber.
  • Puerto Rico è un gioco da tavolo del 2002 ideato da Andreas Seyfarth.
  • Imhotep è un gioco da tavolo del 2016 ideato da Phil Walker-Harding.
  • Monopoly è un gioco da tavolo del 1933 ideato da Charles Darrow, Elizabeth J. Magie (Phillips).